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Il lavoro della Sezione Investigazioni Scientifiche: come operano i Carabinieri nelle indagini

Dal lavoro effettuato dai Carabinieri della sezione Investigazioni Scientifiche, all'importanza delle impronte digitali e le nuove tecnologie

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Il luogotenente Alessio Giovacchini, ospite nel nostro programma Filo Diretto, ha illustrato il funzionamento e le competenze della Sezione Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri di Alessandria, una delle 21 presenti in Italia.

Il lavoro della Sezione Investigazioni Scientifiche

Questa unità è specializzata nell’effettuare sopralluoghi su scene del crimine, soprattutto in casi gravi (omicidi, eventi di sangue), dopo che il primo intervento è stato eseguito dalle pattuglie territoriali. Durante il sopralluogo, il team si occupa della raccolta di prove scientifiche, come impronte digitali, in collaborazione con magistrati e medici legali. Viene specificata la distinzione tra la loro funzione (accertamenti di primo livello) e quella del RIS (accertamenti di secondo livello).

Il luogotenente sottolinea come questo lavoro, pur avvalendosi di tecnologie scientifiche, debba essere sempre supportato da una contestualizzazione investigativa classica per avere reale valore probatorio. Il suo ruolo è definito con umiltà come “operaio della scena del crimine”, incaricato di acquisire prove in modo rigoroso e metodico.

L’importanza e l’evoluzione delle impronte digitali

Gran parte della puntata è dedicata a un approfondimento sulle impronte digitali, considerate una fonte di prova unica e fondamentale. Il Luogotenente Giovacchini ha illustrato le tecniche principali di rilevamento, come l’uso delle polveri dattiloscopiche, gli adesivi e le macro-fotografie. L’evoluzione tecnologica ha migliorato la risoluzione e la qualità delle immagini, consentendo un’acquisizione più precisa e l’utilizzo di scanner per l’invio al sistema AFIS (banca dati delle impronte).

Tuttavia, ci sono dei limiti: l’AFIS propone possibili corrispondenze, ma l’identificazione finale è sempre a cura dell’operatore umano. In Italia, infatti,  servono almeno 17 punti di corrispondenza tra impronte per procedere con un’identificazione certa, anche se talvolta si può scendere a 14–15 punti, se giustificato.

Infine, è stata affrontata una delle critiche attuali alle impronte digitali: non possono essere datate. Il contesto in cui vengono trovate è determinante per stabilirne la rilevanza probatoria.

 Cold case e collaborazione internazionale

Nel corso della trasmissione viene ricordato il caso dell’omicidio Corzino (Alessandria, 2006), risolto dopo 16 anni grazie al ritrovamento e al riconoscimento di un’impronta digitale precedentemente “appesa” (cioè priva di corrispondenza). Questo caso dimostra l’efficacia del lavoro di lungo termine della scientifica, specie se supportato da aggiornamenti tecnologici e database sempre più completi.

Il Luogotenente ha parlato, inoltre, della formazione continua degli operatori presso il centro internazionale di Velletri (LISTI), che forma anche militari stranieri, promuovendo uno scambio globale di conoscenze e tecniche investigative.

Rispondendo a una domanda del pubblico, Giovacchini  ha chiarito che, sebbene in passato gli Stati Uniti fossero più avanzati dal punto di vista tecnologico (avendo sviluppato per primi l’AFIS), oggi il livello delle dotazioni e delle competenze è sostanzialmente allineato in Europa.