Il Presidente del Tribunale di Alessandria, Paolo Rampini, delinea una situazione definita “tragica”: la carenza di personale amministrativo ha raggiunto livelli senza precedenti, con ripercussioni su pratiche, tempi e qualità dei servizi.
La situazione al Tribunale di Alessandria
Il Tribunale di Alessandria sta affrontando una delle più gravi crisi di organico degli ultimi anni. A denunciarlo è il Presidente Paolo Rampini, che parla apertamente di una realtà “tragica”: oltre il 60% del personale amministrativo risulta mancante. In pratica, per ogni dieci addetti previsti, solo tre sono effettivamente in servizio.
Una situazione del genere rende impossibile garantire il normale funzionamento delle attività quotidiane. Molti servizi — dalle iscrizioni a ruolo ai procedimenti del processo civile telematico — accumulano ritardi significativi. Anche i servizi amministrativi rivolti al pubblico, pur non essendo il cuore dell’attività giudiziaria, risentono in modo pesante della carenza: asseverazioni, inventari successori e rinunce all’eredità spesso richiedono attese prolungate, generando frustrazione negli utenti.
Gli Ordini professionali locali hanno segnalato più volte i disservizi, in particolare per le asseverazioni delle perizie. Senza questi adempimenti, molte pratiche tecniche o edilizie non possono procedere, creando ripercussioni a catena su cittadini, imprese e liberi professionisti.
Rampini sottolinea di essersi attivato per trovare soluzioni concrete. Una delle strade percorse riguarda una convenzione tra Stato e Regione che permetterebbe di attingere alle graduatorie degli enti locali, come l’ASL, per chiamare personale non ancora assunto. Una misura che potrebbe tamponare, ma non risolvere definitivamente il problema.
La carenza di organico, infatti, non è un fenomeno isolato: riguarda numerosi uffici giudiziari italiani, aggravata dal progressivo pensionamento del personale e dalla difficoltà di bandire concorsi con cadenza regolare. Tuttavia, il caso di Alessandria appare particolarmente allarmante. Le ricadute si fanno sentire quotidianamente, con cittadini costretti ad attese ingiustificabili e dipendenti sottoposti a carichi di lavoro insostenibili.
Il Presidente ha colto l’occasione per rivolgere scuse formali alla cittadinanza e ai professionisti, precisando però che molti ritardi sono inevitabili. Senza nuove risorse, il funzionamento del Tribunale rischia di diventare sempre più compromesso, con effetti diretti sulla tutela dei diritti e sull’efficienza della giustizia locale.
Pochi magistrati e troppe regole
La giustizia italiana vive una condizione di fragilità che, nelle città di dimensioni medio-piccole come Alessandria, diventa ancora più evidente. Rampini spiega come la carenza di magistrati non sia il frutto di una mancanza di vocazione, ma di dinamiche sociali e istituzionali che rendono difficile trattenere personale qualificato.
Molti magistrati in servizio ad Alessandria provengono da Torino o Genova. È quindi naturale che, non appena si apre un posto nelle loro città d’origine o in centri più grandi, presentino domanda di trasferimento. Il fenomeno è frequente e ciclico, generando scoperture continue.
A ciò si aggiunge un problema di portata nazionale: i magistrati italiani sono insufficienti rispetto alle esigenze del sistema e il Consiglio Superiore non può bandire concorsi tali da coprire tutti i posti vacanti. Questo crea un circolo vizioso: meno magistrati significa carichi di lavoro più pesanti, che a loro volta rendono alcune sedi meno appetibili.
Rampini allarga poi lo sguardo alle difficoltà strutturali del sistema giudiziario. Le leggi, sostiene, sono spesso troppo complesse, frammentate o poco attuabili. Ne deriva un ulteriore rallentamento dei procedimenti civili e penali, che richiederebbero invece strumenti normativi più semplici ed efficaci.
La soluzione non può limitarsi a un singolo intervento. Servirebbero riforme organiche, investimenti e una revisione complessiva dell’organizzazione della giustizia. Il Presidente sottolinea che il Tribunale di Alessandria dovrebbe avere almeno 35 magistrati per funzionare correttamente, ma ne conta 29, spesso non tutti presenti contemporaneamente.
La combinazione di organici ridotti, normative complesse e risorse economiche limitate produce effetti diretti sui tempi dei processi e sulla qualità del servizio offerto ai cittadini.
In un contesto in cui la fiducia nella giustizia dipende anche dalla sua capacità di rispondere in tempi ragionevoli, la situazione alessandrina rappresenta un campanello d’allarme. Una sfida che richiederà tempo, investimenti e una revisione strutturale del modo in cui il sistema giudiziario italiano viene organizzato e sostenuto.
Condizioni critiche e futuro incerto
Le condizioni edilizie del Palazzo di Giustizia di Alessandria sono da tempo motivo di preoccupazione, ma negli ultimi mesi la situazione è diventata ancora più critica. Il Presidente Paolo Rampini definisce gli ambienti “incredibili”, lasciando intendere che le problematiche riguardano sia la funzionalità degli spazi sia il loro stato di conservazione.
Negli ultimi anni si è discusso più volte della possibilità di trasferire il Tribunale nella caserma Valfré, una soluzione che avrebbe permesso di ampliare gli spazi, migliorare la sicurezza e garantire condizioni di lavoro adeguate. Per un periodo sembrava che i fondi necessari fossero stati individuati, ma il recente intervento della legge finanziaria ha tagliato 100 milioni di euro destinati all’edilizia giudiziaria, bloccando di fatto ogni progetto.
Il Ministero della Giustizia ha comunque assicurato interventi di manutenzione per garantire condizioni minime di dignità e sicurezza, ma questi lavori non risolveranno i problemi strutturali dell’edificio. Il Presidente preferisce non entrare nei dettagli, ma lascia intendere che le criticità interne sono tali da rendere urgente una soluzione definitiva.
Il tema non riguarda solo il benessere del personale o l’immagine dell’istituzione: un edificio inadeguato incide anche sull’organizzazione delle udienze, sulla privacy, sulla sicurezza e sulla gestione dei flussi quotidiani di avvocati, cittadini e operatori.
La posizione del Tribunale, vicino alla stazione ferroviaria, rappresenta un punto di forza che molti avvocati e magistrati considerano irrinunciabile. Tuttavia, il vantaggio logistico non basta più a compensare le lacune infrastrutturali.
Al momento, lo scenario più realistico è quello di una ristrutturazione parziale dell’attuale sede, mentre l’ipotesi di un trasferimento alla Valfré resta sospesa, in attesa di eventuali nuovi finanziamenti statali o regionali.
La vicenda riporta all’attenzione pubblica un problema che riguarda molti tribunali italiani, spesso ospitati in edifici storici o poco funzionali, con manutenzioni costose e difficili. Alessandria, però, sembra essere in una fase particolarmente delicata, con il rischio che le carenze strutturali si sommino a quelle di personale e aggravino ulteriormente il funzionamento della giustizia locale.
La riforma della giustizia e la separazione delle carriere
Rampini esprime la propria contrarietà alla riforma che prevede la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, spiegando che alcune differenze funzionali già esistono e che la separazione non migliorerebbe la qualità dei processi.
Secondo il Presidente, l’appartenenza alla stessa magistratura favorisce comprensione reciproca, mentre le statistiche mostrano comunque ampia indipendenza dei giudici rispetto alle richieste dei PM.
Il dibattito pubblico, secondo Rampini, rischia di rappresentare questa riforma come “la” riforma della giustizia, mentre in realtà non incide sui problemi principali: tempi lunghi, carenze di organico, strutture inadeguate.