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Casa di Quartiere: da quindici anni un punto di riferimento per Alessandria

Ospite a Filo Diretto Fabio Scaltritti, responsabile della Casa di Quartiere di Alessandria e della Comunità San Benedetto al Porto

Casa di Quartiere: da quindici anni un punto di riferimento per Alessandria

Nata nel cuore del centro storico come spazio di incontro e cultura, la Casa di Quartiere di Alessandria è oggi uno dei principali presìdi sociali cittadini. Una trasformazione profonda, accelerata dalla pandemia, che racconta la capacità della città di reinventare i propri luoghi solidali.

Da centro culturale a presidio sociale

La Casa di Quartiere nasce tra il 2009 e il 2010 con un obiettivo chiaro: offrire uno spazio accessibile a tutti, raggiungibile a piedi, dove favorire integrazione, formazione e cultura. Scuola d’italiano, sostegno allo studio, iniziative culturali e sociali hanno animato per anni le sue sale, ospitando fino a un centinaio di eventi pubblici l’anno, organizzati in gran parte da associazioni e gruppi del territorio.

Per un decennio è stata un laboratorio civico aperto, un punto d’incontro tra realtà diverse. Poi arriva il Covid e tutto cambia. Le attività culturali si fermano, ma la struttura non chiude: al contrario, diventa servizio essenziale. Si attivano sportelli gratuiti per aiutare i cittadini a orientarsi tra bonus, aiuti economici, pratiche digitali e richieste urgenti. In un momento di confusione generale, la Casa di Quartiere diventa un ponte tra cittadini e istituzioni.

I numeri raccontano meglio di qualunque parola questa trasformazione. Dai circa 4.600 accessi annui prima della pandemia, si passa a oltre 16.000 nel 2020 e a quasi 18.000 negli anni successivi. Un aumento impressionante che fotografa il crescente bisogno di supporto, soprattutto tra le fasce più fragili della popolazione.

Oggi la Casa di Quartiere è molto più di un centro culturale: è un presidio sociale stabile, dove le persone trovano orientamento per il lavoro, per la casa, per le pratiche amministrative e per le difficoltà quotidiane. Un luogo che intercetta il disagio ma anche la voglia di riscatto.

La sua forza sta nella rete: collaborazione con istituzioni, associazioni e cittadini. Un modello che mostra come, anche nei momenti più duri, una comunità possa rispondere unita, trasformando un luogo di cultura in un vero e proprio punto di welfare di prossimità.

Emergenza freddo ad Alessandria

Il freddo dell’inverno riaccende l’attenzione su un tema mai risolto: quello delle persone senza dimora. Ad Alessandria l’emergenza abitativa è una realtà quotidiana, affrontata da una rete di realtà sociali che ogni sera operano sul territorio.

Chi entra oggi alla Casa di Quartiere di Alessandria lo fa soprattutto per due motivi: cercare un lavoro o una casa. Sono queste le richieste più frequenti, segno evidente di una fragilità economica che spesso si trasforma in emergenza abitativa.

Il sistema cittadino dell’accoglienza può contare su circa 126 posti letto tra dormitori, strutture di secondo livello, appartamenti e housing sociale. Tutti occupati da mesi. Un numero insufficiente per far fronte a una domanda crescente.

Parallelamente opera l’unità di strada, che ogni settimana incontra mediamente 30 persone senza dimora, con picchi che in alcune serate arrivano a 40. La popolazione che vive in strada è composta quasi esclusivamente da uomini, senza una distinzione netta per età o provenienza. Si va da giovani appena maggiorenni fino ad anziani con storie di vita complesse. Le donne sono poche, perché esistono canali di tutela dedicati.

Il lavoro in strada non è improvvisazione. Richiede esperienza, formazione e risorse. Ogni sera si compiono scelte delicate: distribuire sacchi a pelo, predisporre kit di emergenza con tende, materassini, teli antipioggia e power bank, oppure, nei casi più gravi, garantire un pernottamento in albergo. L’obiettivo è sempre lo stesso: proteggere la salute e la dignità delle persone.

Durante l’inverno, in presenza di fragilità particolari, è previsto anche l’intervento dei servizi sociali e, nei casi che coinvolgono minori, del pronto intervento. Si tratta di un sistema che funziona grazie alla collaborazione tra enti pubblici e terzo settore, ma che opera costantemente in condizioni di forte pressione.

L’emergenza abitativa non è un problema marginale: è una questione strutturale che riguarda tutta la città. E che, con l’arrivo del freddo, diventa ancora più urgente.

Prostituzione e povertà

Dopo la quasi scomparsa durante il periodo Covid, la prostituzione in strada sta lentamente riemergendo anche ad Alessandria. Un ritorno legato soprattutto all’aumento della povertà e alla diminuzione dei clienti.

Per anni l’unità di strada della comunità di San Benedetto al Porto ha lavorato fianco a fianco delle donne costrette alla prostituzione, con l’obiettivo di contrastare lo sfruttamento e offrire concrete possibilità di uscita. Dopo il 2020, però, lo scenario è cambiato radicalmente.

Con la pandemia, la prostituzione in strada è quasi scomparsa. L’attività si è spostata per lo più negli appartamenti e sulle piattaforme online. Un fenomeno che ha interessato tutto il Piemonte e che ha reso più complesso il lavoro di prevenzione e contrasto alla tratta.

Negli ultimi mesi, però, qualcosa sta cambiando di nuovo. Ad Alessandria si registra un lento ritorno in strada di alcune donne, conosciute dagli operatori e già seguite in passato. Non si tratta di un ritorno massiccio, ma graduale, che sta attirando l’attenzione degli operatori sociali.

La motivazione principale emersa dai colloqui diretti è una sola: la povertà. I clienti sono sempre meno e hanno minori possibilità economiche. Di conseguenza anche gli introiti delle donne diminuiscono, rendendo nuovamente necessario esporsi in strada per riuscire a sopravvivere.

Il lavoro della rete anti-tratta prosegue su due fronti: da un lato il contatto diretto con le donne, dall’altro il monitoraggio online in collaborazione con la Polizia Postale, per individuare eventuali situazioni di sfruttamento o racket.

Si tratta di un fenomeno complesso, che risente direttamente della crisi economica e sociale. Il ritorno in strada non è una scelta libera, ma l’ultima possibilità per chi non ha alternative. Un segnale da non sottovalutare, che racconta come la fragilità economica possa rapidamente trasformarsi in marginalità sociale.