Peste suina, nel Lazio primi maiali contagiati. Timori in Piemonte: "Non è un segnale positivo"
A dirlo è l'assessore regionale all'Agricoltura Marco Protopapa.
Dopo che lo scorso 17 maggio 2022 era stata rilevata nella provincia di Roma la positività alla Peste suina africana da parte di quattro esemplari di cinghiali, la situazione si è fatta gradualmente più complicata. Mentre nella zona infetta tra Piemonte e Liguria il numero di ungulati contagiati continua a restare costante, attorno ai 143 positivi, preoccupa e non poco quanto sta accadendo nel Lazio: giovedì 9 giugno 2022, infatti, l’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, ha dichiarato:
"La peste suina provocata dai cinghiali entra in un piccolo allevamento della zona perimetrata. Sono stati rilevati infatti due casi di positività. Queste sono le notizie appena fornite dall’Istituto Zooprofilattico".
Il contagio da Psa, quindi, è entrato all'interno degli allevamenti di suini e, in questo caso, si tratta del primo caso in Italia di infezione che colpisce i maiali domestici. Un particolare che fa temere il peggio per la filiera della carne suina: mentre Coldiretti lancia l'allarme, dichiarando a rischio circa 50mila esemplari, l'assessore D'amato è una furia:
"È necessario rapidamente mettere in atto una vera e propria azione di riduzione della pressione dei cinghiali anche attraverso un piano di abbattimenti selettivi, non comprendo i ritardi".
Peste suina africana, primi casi di maiali infettati nel Lazio
La situazione è sfuggita di mano ed ora c'è da attuare un complicato piano di gestione affinché non si perda completamente il controllo. La Peste suina africana ha colpito gli allevamenti domestici di suini. E l'assessore D'Amato è preoccupato:
"La peste suina provocata dai cinghiali entra in un piccolo allevamento della zona perimetrata. Sono stati rilevati infatti due casi di positività. Queste sono le notizie appena fornite dall’Istituto Zooprofilattico. Tutti i capi saranno immediatamente abbattuti da parte dei servizi veterinari della Asl ed è in corso la riunione della task-force".
Dopo che dallo scorso 17 maggio il virus era stato riscontrato in alcuni cinghiali della provincia di Roma, quindi anche all'esterno della prima zona infetta, quella tra il Piemonte e la Liguria, ieri è giunta la notizia che nessun allevatore di suini avrebbe mai voluto sentire: quello registrato a Roma è il primo caso in Italia di infezione che colpisce i maiali domestici. Un particolare che fa temere il peggio per la filiera della carne suina.
Nonostante i tantissimi sforzi messi in campo dalle autorità di competenza, evitare che il contagio arrivasse anche negli allevamenti è stata un'ardua impresa: ora bisognerà vedere che tipo di impatto la cosa genererà sul mercato e quali misure verranno adottate per proteggere le aziende.
L'allarme di Coldiretti: "A rischio 50mila esemplari"
La prima a lanciare l'allarme è stata Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell'agricoltura italiana:
"A rischio 50mila maiali allevati nel Lazio per la peste suina africana (Psa) che è spesso letale per questi animali, ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani e nessun problema riguarda la carne. E' necessaria - sottolinea la Coldiretti - l'introduzione di misure di sostegno per il settore suinicolo al fine di tutelare il reddito degli allevatori ma anche intervenire per un deciso contenimento della popolazione dei cinghiali che rappresentano il vettore di trasmissione della malattia.
Per questo - continua la Coldiretti - è necessario intervenire con la modifica immediata dell'art. 19 della legge 157/1992 semplificando le procedure per l'adozione dei piani di abbattimento approvati dalle regioni e il rafforzamento delle competenze dell'ufficio commissariale previsto dal Decreto Legge 17 febbraio 2022, n. 9. Il rischio - conclude Coldiretti - è che l'emergenza si allarghi e che siano dichiarate infette le aree ad elevata vocazione produttiva con il conseguente pregiudizio economico che potrebbe discendere per la filiera agroalimentare e l'occupazione in un settore strategico del made in ltaly".
La furia di D'Amato: "Troppi ritardi per i piani di abbattimento"
Dopo la rilevazione dei casi di positività alla Peste suina africana di due maiali di un allevamento, l'assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato, ha espresso la sua opinione sui ritardi nei piani di abbattimento dei cinghiali:
"È necessario rapidamente mettere in atto una vera e propria azione di riduzione della pressione dei cinghiali anche attraverso un piano di abbattimenti selettivi, non comprendo i ritardi".
Per contenere la situazione ed evitare che il contagio si allarghi anche ad altri esemplari di suini, è stata convocata una task force per discutere del problema: nodo della questione, quindi, gli abbattimenti, in ritardo rispetto a quanto precedente pattuito. Ora l'assessore chiede che si proceda all'abbattimento dei cinghiali senza indugi.
Timori in Piemonte: "Non è un segnale positivo"
Una situazione che solleva qualche timore anche in Piemonte. “Non è un segnale positivo”, dice l'assessore regionale all'Agricoltura Marco Protopapa, ma in Piemonte le misure di prevenzione in vigore si stanno mostrando efficaci. Dall'Europa, intanto, via libera in Regione anche allo stanziamento di 1,8 milioni di euro per i ristori agli allevatori danneggiati.
Anche l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte esprime preoccupazione per le conseguenze che il passaggio del virus della peste suina africana dai cinghiali a due suini riscontrato ieri nel Lazio potrebbero avere sull’intera filiera della suinicoltura nazionale e auspica che la Commissione europea e il Governo nazionale sappiano tener conto dei tempestivi ed efficaci sforzi compiuti dal Piemonte per impedire la diffusione del contagio.
Ciò che è avvenuto nel Lazio, osserva l’assessore, è la controprova di come le drastiche misure assunte fin qui a caro prezzo dalla Regione Piemonte, d’intesa con le Organizzazioni di categoria agricole, siano state non solo utili, ma indispensabili, tanto da rendere impossibile il contagio dei suini nella zona rossa del Piemonte, semplicemente perché tutti i capi suini presenti in questa area (circa ottomila) sono stati immediatamente abbattuti per creare un cordone di massima sicurezza sanitaria, con una spesa a carico della Sanità regionale di oltre due milioni di euro di indennizzi per gli allevatori a totale copertura del danno.
Tutto ciò a tutela della filiera suinicola piemontese che vale circa un miliardo di euro e consta di circa 1.300.000 capi suini (di cui 900.000 in provincia di Cuneo).
L’assessore rileva che, invece, il Lazio pare non aver adottato le stesse precauzioni, così che oggi assistiamo al passaggio del virus dal cinghiale al maiale d’allevamento nella zona rossa del Lazio. Una situazione che rischia di essere oltremodo punitiva per il Piemonte, se le paventate restrizioni al commercio delle carni suine e dei prodotti derivati venissero adottate su tutto il territorio nazionale, senza distinzioni di merito tra Regioni e Regioni.
Un anno per debellare la Peste suina africana
Secondo il commissario Ferrari ci vorrà almeno un anno per debellare la malattia.
"Sui tempi bisogna avere pazienza di comprendere come sarà evoluzione della malattia – ha dichiarato – Ci aspettiamo una autoestinzione e per l'eradicazione ci vorrà un anno dall'ultima carcassa positiva. L'obiettivo essenziale è quello di contenere la malattia ed eradicarla da questo Paese. Oggi il virus si propaga all'interno del mondo dei selvatici e vogliamo evitare il passaggio al suino domestico".