Filo Diretto

Carceri alessandrine tra emergenza e speranza: il punto della Camera Penale di Alessandria

La Camera Penale di Alessandria ha visitato le due strutture detentive cittadine, San Michele e Don Soria, fotografando una realtà complessa

Carceri alessandrine tra emergenza e speranza: il punto della Camera Penale di Alessandria

Sovraffollamento, carenze di personale e suicidi in carcere, ma anche progetti virtuosi per il reinserimento sociale sono stati alcuni degli argomenti affrontati durante la puntata di oggi di Filo Diretto con l’avvocato Giuseppe Cormaio, nuovo presidente della Camera Penale di Alessandria.

La situazione delle carceri ad Alessandria

La Camera Penale di Alessandria ha visitato le due strutture detentive cittadine, San Michele e Don Soria, fotografando una realtà complessa. Alle difficoltà strutturali e organizzative si affiancano iniziative innovative che puntano a restituire dignità e futuro ai detenuti.

Il carcere di San Michele ospita il 34% di detenuti in più rispetto ai posti disponibili, mentre il Don Soria ha raggiunto la capienza massima. A pesare, oltre al sovraffollamento, è la drammatica carenza di agenti penitenziari: al Don Soria la copertura organica non supera il 60%, rendendo difficili anche le attività più semplici.

Gli educatori, fondamentali per avviare i percorsi di reinserimento, sono appena due per oltre 230 detenuti. Non mancano problemi strutturali: docce rotte, celle troppo piccole, ambienti degradati. Una situazione che alimenta tensioni quotidiane, rese più acute tra chi non ha famiglia o punti di riferimento all’esterno.

Accanto a queste criticità emergono però segnali positivi. La cooperativa “Fuga di Sapori” gestisce attività di ristorazione e catering, coinvolgendo i detenuti in percorsi formativi e lavorativi. A San Michele si coltiva luppolo per la produzione di birra artigianale, mentre al Don Soria si nasconde un teatro circolare di grande valore architettonico, purtroppo inutilizzato da anni.

Il nodo rimane la dignità della pena: garantire condizioni umane e opportunità di crescita significa ridurre la recidiva e favorire il ritorno alla società. Una sfida che Alessandria affronta tra difficoltà croniche e progetti di valore.

Il carcere come luogo di rieducazione

Un telespettatore ha espresso un’opinione diffusa: chi ha commesso un reato deve pagare, senza concessioni. La risposta dell’avvocato Giuseppe Cormaio, ha riportato l’attenzione al dettato costituzionale: la pena non può ridursi a mera reclusione, ma deve tendere alla rieducazione del condannato.

La realtà quotidiana delle carceri, però, racconta altro. Celle sovraffollate, mancanza di lavoro, isolamento sociale rendono impossibile qualsiasi percorso di crescita. In queste condizioni, il rischio di suicidio cresce: nel 2025, da gennaio a settembre, in Italia si contano già 61 casi. Anche gli agenti penitenziari, sottoposti a stress costante, non sono immuni da questa piaga. Eppure, molti detenuti vorrebbero rendersi utili. Esperienze di lavoro e impegno sociale dimostrano che, quando offerte, riducono drasticamente le probabilità di recidiva. La stessa comunità ne beneficia, con cittadini reinseriti invece che emarginati.

Per sensibilizzare su questo tema troppo spesso dimenticato, la Camera Penale di Alessandria sta organizzando uno spettacolo teatrale che andrà in scena a dicembre. Un’occasione per riportare al centro la dignità della pena e aprire un dibattito pubblico sulla funzione rieducativa del carcere.

Il nodo della separazione delle carriere

Da anni si discute in Italia della necessità di separare i percorsi professionali di giudici e pubblici ministeri. La Camera Penale di Alessandria rilancia il dibattito: un passo necessario per restituire fiducia al cittadino nel processo penale.
Il principio della terzietà del giudice è sancito dalla Costituzione. Ma può dirsi pienamente rispettato se giudici e pubblici ministeri condividono lo stesso percorso di carriera e vengono valutati dallo stesso organo, il Consiglio Superiore della Magistratura? Per l’Unione delle Camere Penali la risposta è no.

Già nel 2017 l’associazione raccolse oltre 70 mila firme per una proposta di legge di iniziativa popolare, poi confluita in un disegno di legge governativo. L’obiettivo è chiaro: due carriere separate, due consigli superiori distinti, per eliminare ogni possibile condizionamento reciproco. I detrattori temono che la riforma possa consegnare il pubblico ministero al controllo politico. Un rischio che gli avvocati respingono, ricordando che la Costituzione garantisce l’indipendenza del PM da ogni ingerenza. Il punto non è limitare l’autonomia dell’accusa, ma rafforzare l’equidistanza del giudice.

Secondo l’avvocato Cormaio, non si tratta di una battaglia tecnica riservata agli addetti ai lavori: anche i cittadini percepiscono quando il processo non appare equilibrato. Solo un giudice chiaramente terzo, libero da ogni legame con l’accusa, può restituire fiducia alla giustizia.

La riforma richiederà tempo e volontà politica, ma per la Camera Penale di Alessandria rappresenta un passaggio decisivo verso un processo penale più giusto e trasparente.