Cozze dalla Grecia contaminate dal virus dell’epatite A

Se mangiate crude si rischiano conseguenze anche gravi per la salute.

Cozze dalla Grecia contaminate dal virus dell’epatite A
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Cozze dalla Grecia contaminate dal virus dell’epatite A, allarme in Italia. Se mangiate crude si rischiano conseguenze anche gravi per la salute.

Cozze dalla Grecia contaminate

Cozze vive in Italia contaminate dal virus dell’epatite A che sarebbero state già immesse sull’intero mercato nazionale. E’ delle ultime ore la notizia di un nuovo allerta alimentare che, questa volta, non riguarda il temibile batterio Escherichia Coli. Non si conoscono i lotti con cozze vive contaminate anche perché riguardano non solo la Grande distribuzione ma pescherie e mercati.

L’allerta

Ad allertare le autorità sanitarie dei diversi Paesi europei ed esteri circa la presenza di salmonella è stata proprio l’Italia che ha prontamente avvisato le autorità sanitarie della UE (Dettagli di notifica – 2019.1893 del 23.05.2019 a seguito esito delle indagini e delle misure adottate dell’ 08.05.2019). Rasff, il sistema di allerta rapido dell’Unione Europea, invita tutti a prestare la massima attenzione e a non consumare le cozze vive provenienti dalla Grecia, senza prima sottoporle al controllo dal Servizio igiene degli alimenti e nutrizione della Asl locale.

Le cozze sono organismi “filtratori”, cioè filtrano tutto ciò che è contenuto nei mari nei quali vivono. Di conseguenza, se provengono da acque non perfettamente pulite, possono essere fonte di contaminazione batterica. Per questo motivo sarebbe sempre meglio evitare di mangiarle crude, sia a casa sia al ristorante dove spesso vengono servite sotto forma di “Crudités”. Solo con l’abbattimento (che non sappiamo se è stato fatto accuratamente) e la cottura – fanno sapere dallo Sportello dei Diritti – i batteri vengono inibiti e si evitano spiacevoli disturbi intestinali.

Epatite A

L'epatite A (in precedenza nota come epatite infettiva) è una malattia infettiva acuta del fegato causata dal virus dell'epatite A (HAV). Molti dei casi presentano pochi o nessun sintomo, soprattutto nei soggetti giovani. Per chi li sviluppa, il tempo tra l'infezione e il manifestarsi dei sintomi è tra le due e le sei settimane  e questi possono comprendere nausea, vomito, diarrea, ittero, febbre e dolore addominale. Dal 10% al 15% delle persone sperimentano una ricorrenza dei sintomi durante i sei mesi successivi all'infezione iniziale. (Wikipedia)

 

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