Nella puntata di Filo Diretto, Domenico Ravetti offre un ampio confronto sulle condizioni della sanità piemontese, mettendo al centro il progetto del nuovo ospedale di Alessandria e le difficoltà vissute dai cittadini nell’accesso ai servizi.
Il futuro dell’ospedale di Alessandria
Secondo Ravetti, l’attuale struttura di via Venezia non potrà garantire standard adeguati nei prossimi decenni: gli spazi sono obsoleti, l’innovazione tecnologica richiede ambienti moderni e l’efficientamento energetico è ormai imprescindibile. Da qui la necessità di accelerare sul nuovo complesso previsto in area Gallimberti, un percorso che vede coinvolti Regione, Comune e tecnici impegnati a sciogliere nodi ancora aperti. Tra questi, la sostenibilità del finanziamento, la viabilità della zona e soprattutto la destinazione dell’attuale ospedale.
Sul futuro dell’edificio esistente, Ravetti auspica un intervento deciso: abbattere i grandi blocchi di cemento e restituire l’area alla città con un “bosco urbano”, mantenendo solo le parti tutelate dal punto di vista architettonico. In uno degli spazi potrebbe trovare posto un museo della strumentazione sanitaria storica, un patrimonio di valore raccolto negli anni dal Piemonte.
Il dibattito con il pubblico ha riportato in primo piano anche le difficoltà quotidiane. Il caso di un paziente che si è sentito dire di “andare fuori” per una visita oculistica è stato definito grave: un sintomo di un sistema sotto pressione, in cui la carenza di personale e le liste d’attesa rischiano di spingere i cittadini verso il privato. Per Ravetti, la risposta passa da nuove assunzioni, gestione efficiente delle risorse e riduzione di eventuali sprechi, senza indebolire ulteriormente il pubblico.
La sanità, conclude, deve tornare ad essere un luogo di tutela e accessibilità, capace di rispondere alle esigenze reali dei cittadini.
L’importanza della memoria storica
Nel corso della puntata, il vicepresidente del Consiglio regionale ha dedicato ampio spazio a un tema spesso trascurato nel dibattito pubblico: la conservazione e l’attualizzazione della memoria storica del Novecento. Con la scomparsa degli ultimi testimoni diretti delle guerre mondiali, cresce il rischio che il ricordo dei drammi che hanno segnato l’Europa si affievolisca, soprattutto in una società sempre più orientata al presente.
Per Ravetti, il compito delle istituzioni è evitare che la memoria si riduca a un esercizio scolastico. La sfida consiste nel mostrare come libertà e democrazia non siano elementi “naturali”, ma conquiste delicate che vanno curate giorno dopo giorno. In un periodo in cui la parola “guerra” torna a circolare con leggerezza nel dibattito quotidiano, diventa essenziale aiutare i giovani a connettere la storia con l’attualità.
Il Piemonte lavora da anni in questa direzione attraverso il Concorso di storia contemporanea, giunto alla 45a edizione e molto partecipato dalle scuole alessandrine. L’obiettivo non è soltanto studiare, ma costruire percorsi in cui i ragazzi possano interpretare il passato con strumenti che sentono propri: podcast, video, dibattiti, contenuti digitali e — dal prossimo anno — progetti basati sull’intelligenza artificiale.
La trasmissione ha evidenziato anche l’importanza dell’ascolto reciproco: i giovani non sono destinatari passivi, ma interlocutori capaci di riportare il discorso sulla libertà nel loro presente. Entrare nei loro linguaggi, afferma Ravetti, non significa “fare i professori”, ma creare un terreno comune che permetta alla memoria di diventare viva, concreta e condivisa.
Un percorso necessario per evitare che le drammatiche lezioni del secolo scorso si dissolvano nel rumore del presente.
Politica nazionale e regionale
Il dibattito si è poi spostato sulla politica nazionale, dopo le recenti elezioni regionali in Puglia e Campania che hanno visto prevalere i candidati del centrosinistra. Per Ravetti, però, leggere questi risultati come un anticipo delle politiche del 2027 sarebbe un errore: ogni consultazione ha dinamiche specifiche e i successi regionali non sempre anticipano tendenze nazionali.
Il vicepresidente del Consiglio regionale ricorda come, nello stesso periodo, in Veneto il centrodestra abbia ottenuto un’affermazione netta, confermando che la scelta dei candidati e il radicamento sul territorio restano fattori decisivi. Un motivo in più per evitare semplificazioni e concentrarsi invece sulla costruzione di progetti politici solidi.
Sul “campo largo”, Ravetti invita alla concretezza: non basta sommare sigle o alleanze elettorali di comodo. Con il Movimento 5 Stelle, riconosce, esistono punti di contatto ma anche differenze che vanno affrontate apertamente, cercando compromessi chiari da presentare senza ambiguità agli elettori. La politica, afferma, è l’arte del compromesso quando riesce a costruire soluzioni utili e condivise.
Resta centrale anche il tema dell’astensionismo. La crescente disaffezione dei cittadini non deriva da indifferenza, ma dalla percezione che la politica non riesca più a incidere sulla vita quotidiana. Per invertire la rotta serve un cambio di prospettiva: meno polemiche tra schieramenti, più capacità di risolvere problemi concreti, dalla sanità al lavoro. La sfida per il 2027, conclude Ravetti, sarà proprio questa: tornare a essere utili.